La bronchiolite è la più comune infezione delle vie aeree inferiori nel primo anno di vita. Il virus respiratorio sinciziale (VRS) è ad oggi il più importante agente eziologico responsabile del quadro clinico di bronchiolite. Il VRS è estremamente diffuso e altamente contagioso ed è causa di infezione fino al 75% dei soggetti nei primi 12 mesi di vita. Nei paesi a clima temperato, come l’Italia, esso presenta una diffusione epidemica nel periodo compreso tra l’autunno e l’inizio della primavera, con picco nei mesi invernali di Gennaio-Marzo. La bronchiolite da VRS generalmente è una malattia di grado lieve; tuttavia, in alcuni bambini a rischio (prematurità, displasia broncopolmonare, cardiopatie congenite e immunodeficienze) possono insorgere sintomi gravi che richiedono il ricovero ospedaliero e l’assistenza ventilatoria nelle unità di terapia intensiva.
È stato recentemente calcolato che al VRS possano essere attribuite fino a 3,4 milioni di ospedalizzazioni nel mondo; di queste, il 44% interessano i lattanti di 2-3 mesi di vita. Anche se nei paesi sviluppati, come l’Europa, gli Stati Uniti, e l’America del Nord, la mortalità per bronchiolite è molto contenuta, nei Paesi in via di sviluppo può arrivare fino a 200.000 casi all’anno. Oltre alla notevole morbidità in fase acuta, la bronchiolite si associa spesso al successivo sviluppo di wheezing ricorrente e/o asma.
Un lattante con bronchiolite da VRS che ha richiesto l’ospedalizzazione ha una probabilità molto alta (fino al 30-40%) di sviluppare wheezing ricorrente e/o asma durante la crescita. Sono state proposte due ipotesi per spiegare il rapporto della bronchiolite con il wheezing ricorrente: la prima ritiene che la bronchiolite rappresenti il primo episodio precoce di wheezing ricorrente in bambini predisposti a sviluppare una malattia ostruttiva delle vie aeree; la seconda che l’infezione virale e la concomitante reazione infiammatoria della fase acuta portino ad un danno cronico dell’epitelio delle vie aeree con conseguente ostruzione bronchiale a lungo termine.
La particolare vulnerabilità dei bambini molto piccoli, la distribuzione ubiquitaria del virus e il peso socioeconomico e sanitario della malattia acuta e delle sue possibili complicanze a lungo termine hanno spinto la ricerca scientifica verso nuove strategie terapeutiche e preventive dirette contro il VRS. Per quanto riguarda la terapia della fase acuta, alcuni innovativi farmaci antivirali sono in fase di sperimentazione nei bambini nei primi mesi di vita. Il loro meccanismo di azione prevede l’interferenza con le proteine che consentono al virus di attaccare le cellule dell’epitelio respiratorio umano. Il vantaggio di questi farmaci risiede nel fatto che possono essere somministrati per via orale o per via inalatoria. Se approvate per l’uso, alcune di queste terapie potrebbero quindi essere anche intraprese precocemente a domicilio in caso di accertata positività per il VRS.
Per quanto riguarda la prevenzione, ad oggi l’unica terapia preventiva approvata è l’immunoprofilassi passiva con un anticorpo monoclonale (che agisce legando la proteina di fusione del VRS) indicata solo in bambini ad alto rischio di contrarre l’infezione. Risultati molto promettenti sono recentemente emersi da uno studio che ha valutato l’uso di un nuovo anticorpo monoclonale anti VRS in neonati prematuri: in particolare, questa terapia sembrerebbe essere in grado di ridurre significativamente le infezioni da VRS e, di conseguenza, il tasso di ospedalizzazione per bronchiolite già dopo una singola somministrazione, mantenendo un profilo di sicurezza ottimale. Infine, sono contemporaneamente in fase di sviluppo e sperimentazione almeno 15 vaccini diretti contro il VRS destinati sia ai bambini nei primi mesi di vita che alle donne nel terzo trimestre di gravidanza.