Con l’avvicinarsi dell’inverno aumentano le infezioni respiratorie a carico delle alte e, soprattutto, delle basse vie. Dal semplice raffreddore, alle faringiti, fino alle bronchiti e alle broncopolmoniti. Molto comune nel bambino è la bronchite, una condizione che si presenta con sintomi quali tosse, febbre e catarro. Si tratta di manifestazioni con cui possono però presentarsi anche altre malattie, non ultima l’infezione da Covid-19, i cui numeri in questi giorni sono in continua crescita. Come si riconosce la bronchite nel bambino? È possibile distinguerla dal Covid-19? Servono le terapie inalatorie?
Ne abbiamo parlato con Massimo Landi pediatra di famiglia a Torino e collaboratore di ricerca di Allergologia del CNR di Palermo.
Riferendosi all’età pediatrica possiamo dire che la bronchite è una malattia frequente caratterizzata da una infiammazione della mucosa delle vie aeree, in particolare dei bronchi (vale a dire della parte un po’ più grossolana delle vie aeree), con tosse e febbre. È prevalentemente stagionale, tipica del periodo invernale, e nella stragrande maggioranza dei casi è di natura virale anche se non è sempre facile distinguere fra forma virale e batterica. Va anche detto che, rispetto all’adulto, nel bambino il confine fra bronchite e broncopolmonite è piuttosto labile, con sovrapposizione dei due quadri. Non è raro, inoltre, che nel bambino la bronchite si associ anche al broncospasmo, in particolare nei bambini più piccoli in seguito ad infezioni virali.
Non ci sono particolari differenze di genere: maschi e femmine sono colpiti in egual misura; conta piuttosto la socializzazione, per cui il bambino piccolo che va all’asilo è un bambino che può ammalarsi più facilmente di altri. Per quanto riguarda l’età, è certamente quella al di sotto dei 3-4 anni in cui è anche maggiore la possibilità di avere una componente di broncospasmo a causa della frequenza delle infezioni virali.
Come dicevo, il confine fra bronchite e broncopolmonite a volte è piuttosto labile per cui non è raro avere il dubbio clinico che ci possa essere anche un interessamento polmonare. Per discriminare bisogna considerare le condizioni del bambino: un conto è trovarsi di fronte un bambino con la bronchite che si presenta con un po’ di febbre, tosse, un po’ infastidito, il naso che cola, gli occhi lucidi; viceversa se il bambino si presenta più provato con poca sintomatologia da raffreddamento e con una maggiore componente febbrile e tosse persistente, prevalentemente notturna, è più facile pensare a un coinvolgimento polmonare.
Allo stato attuale delle cose non abbiamo nessuna possibilità di distinguere una banale bronchite da un’infezione Covid-19 se non ricorrendo al tampone. Di fatto moltissimi sintomi, dal naso che cola al vomito, dalla tosse alla febbre possono essere sintomi sovrapponibili. Di fronte a sintomi di questo tipo si deve fare il tampone al bambino: se il tampone negativo si può pensare ad altro, ma non c’è un quadro clinico che possa ragionevolmente consentire di escludere il Covid-19.
Tralasciando il fatto di evitare che il bambino frequenti la comunità, una cosa che si può fare è evitare che venga esposto al fumo. Si tratta di una misura estremamente importante, sia per quanto riguarda il fumo passivo di seconda mano che quello di terza mano, vale a dire quello che rimane attaccato ai vestiti. Si tratta di un aspetto da non sottovalutare perché spesso i genitori non sanno che non è sufficiente fumare fuori casa e che il fumo rimane addosso agli indumenti. Un’altra misura è quella di non anticipare il reinserimento dei bambini in comunità dopo un’infezione respiratoria. È indispensabile attendere la loro completa guarigione.
Nel corso di una bronchite la nebulizzazione è indicata soprattutto in presenza di broncospasmo che è frequente soprattutto nel bambino piccolo. Anche in un periodo come l’attuale di crescita della diffusione del Covid-19 di fronte a un bambino che ha broncospasmo non si può dunque pensare di non ricorrervi, ovviamente con le dovute attenzioni.