Intervista del Mese

Covid-19 e continuità terapeutica

Intervista al prof. Fabrizio Pregliasco

Prof. Fabrizio Pregliasco

Direttore scientifico Osservatorio Influenza, virologo Università degli Studi di Milano.

Non sono solo dirette le conseguenze della pandemia Covid. Oltre a provocare un’infezione spesso complicata da severi problemi respiratori il virus ha messo in difficoltà il sistema sanitario nella gestione di altre malattie e ciò è destinato ad avere un pesante impatto sulla salute della popolazione generale.

Rischiano di rimanere coinvolti da questo fenomeno in primo luogo i pazienti affetti da malattie croniche sia per quanto riguarda il monitoraggio di queste affezioni sia sul versante della terapia.

Abbiamo sentito a questo riguardo il parere del professor Fabrizio Pregliasco, dell’Università di Milano.

In che modo la pandemia Covid-19 influenza la continuità terapeutica?

Di sicuro il Covid ha determinato una situazione pesante in ambito ospedaliero per quanto riguarda l’occupazione di posti letto e la necessità di indirizzare l’attività del personale prevalentemente a far fronte alla pandemia. Inoltre, soprattutto nella prima fase, i pazienti avevano, e in molti casi hanno ancora, paura di recarsi nei luoghi come gli ospedali, i poliambulatori, gli stessi studi dei medici di medicina generale. Tutti questi fattori hanno inciso sulla possibilità per gli assistiti di prendere appuntamento e sulla tempistica delle visite. Addirittura anche alcune attività di screening oncologico hanno finito col venir posposte o ritardate.

Quali sono le possibili conseguenze?

Evidentemente tutto questo ha determinato e rischia di determinare nel medio periodo il possibile riemergere di situazioni cliniche che erano sotto controllo. Nel caso di una patologia cronica la mancata esecuzione di visite e accertamenti può infatti determinare una diminuzione dell’aderenza alla terapia e una progressiva perdita di controllo della patologia con la comparsa di riacutizzazioni o peggioramenti. Si pensi al diabete, piuttosto che alle malattie respiratorie come asma e BPCO. È inoltre possibile che la mancata esecuzione di programmi di screening possa tradursi nella mancata identificazione di forme neoplastiche in uno stadio precoce.

Quali sono le patologie più a rischio?

Fra le patologie più a rischio vi sono sicuramente quelle oncologiche anche in relazione alle difficoltà dei programmi di screening. Un altro capitolo è quello delle malattie croniche fra cui quelle respiratorie come la BPCO e l’asma.

Perché è importante non interrompere le terapie aerosoliche per l’asma e le patologie respiratorie?

Una regola nel trattamento delle patologie respiratorie croniche è tenere la malattia sotto controllo. Nel caso dell’asma la malattia è caratterizzata dalla presenza di un fenomeno infiammatorio delle vie respiratorie che determina la risposta dei bronchi i quali, stringendosi, provocano la comparsa del broncospasmo che ostacola il flusso dell’aria al loro interno. È proprio la regolare esecuzione della terapia inalatoria steroidea che consente di mantenere sotto controllo il processo infiammatorio e che quindi non deve essere assolutamente interrotta se non su specifica indicazione del medico. Anche in tempi di Covid è dunque essenziale proseguire con la terapia inalatoria che nella maggior parte dei casi viene eseguita con gli specifici device; per quanto riguarda la classica aerosolterapia, anche se la pandemia ha fatto sorgere qualche dubbio sulla sicurezza del suo utilizzo, in realtà può essere effettuata, ovviamente con buon senso e prestando attenzione all’igiene.