Intervista del Mese

Polmonite: facciamo un po’ di chiarezza.

Intervista al prof. Carlo Caffarelli

Prof. Carlo Caffarelli

Clinica Pediatrica Azienda Ospedaliero-Universitaria Dipartimento di Medicina e Chirurgia Università di Parma

Il termine polmonite in questi ultimi 2 anni è diventato un termine molto noto al pubblico. Facciamo un po’ di chiarezza.

La polmonite da Covid come si caratterizza e si differenzia?

La polmonite può essere principalmente causata da batteri, con infezione della parte terminale delle vie aeree, gli alveoli polmonari, o da virus che colpiscono l’interstizio polmonare. La polmonite batterica non può essere in modo affidabile distinta da quella virale in base alle manifestazioni respiratorie, alla visita del torace e agli esami di laboratorio. Tuttavia, la presenza di una pleurite suggerisce l’infezione batterica da pneumococco. Occorre considerare che nel COVID-19, similmente a quanto avviene nella polmonite da influenza stagionale o da altri germi, raffreddore e mal di gola possono precedere la febbre anche con brividi, la debolezza, la tosse, il mal di testa e nei casi più gravi la polmonite. La diagnosi di polmonite da COVID-19 può essere indirizzata dall’eventuale aderenza alla campagna di vaccinazione antiinfluenzale o per SARS-CoV2, dal contatto con soggetti infettati da COVID-19 o altri agenti, dallo stato di immunocompetenza. Altro elemento da considerare è se sono presenti sintomi distintivi del COVID-19 come la perdita parziale o completa dell’olfatto e l’ alterazione o la perdita del gusto e, specie nei bambini, i disturbi intestinali come vomito e diarrea. La Tomografia Computerizzata (TC) toracica evidenzia più agevolmente della radiografia un caratteristico ispessimento dell’interstizio. Tuttavia, per la diagnosi definitiva di COVID-19 occorre eseguire il test di diagnosi microbiologica sulle secrezioni respiratorie. Per isolare il virus è utilizzato il tampone nasale anche se idealmente sarebbe necessario il liquido di lavaggio broncoalveolare, esame indaginoso non eseguito di routine.

Non dobbiamo dimenticarci che siamo nel pieno della stagione invernale che ci espone alle patologie tipicamente stagionali. Quando c’è il rischio che una bronchite possa evolvere in polmonite e perché?

L’infiammazione delle prime più ampie vie aeree che conducono al polmone (bronchite) nel bambino è generalmente acuta, si risolve rapidamente e la tosse dura in media 7 giorni, fino a 10-20 giorni senza prendere antibiotici. È di solito dovuta ai virus dell’influenza e del raffreddore, ma anche nell’ambito del COVID, al SARS-CoV-2. Il raffreddore o il mal gola possono evolvere in bronchite acuta che non conduce di solito a complicanze polmonari. Nondimeno, certe infezioni che determinano la bronchite, come quella da virus influenzale, possono progredire lungo l’albero bronchiale e provocare la polmonite. Le persone più a rischio sono i bambini piccoli e coloro che hanno problemi del sistema immune, patologie polmonari croniche come l’asma, i difetti della clearence muco-ciliare, le anomalie anatomiche del polmone (bronchiectasie, atelettasie). Fattori che riguardano la natura e la infettività del germe, come ad esempio la multiresistenza agli antibiotici, possono giocare un ruolo nella comparsa della polmonite. È favorita dall’esposizione al fumo di tabacco ed agli inquinanti. Anche una incorretta scelta terapeutica può influenzare la prognosi. Nelle forme batteriche è utile l’antibiotico. Se c’è tosse o broncospasmo vanno usati i farmaci antiasmatici. La tosse può beneficiare dall’assunzione di miele.

Il decorso della polmonite può trarre beneficio da una terapia aerosolica?

Il cardine del trattamento specifico della polmonite è la somministrazione per via sistemica dell’antibiotico, dell’antivirale nell’influenza, e dell’antifungino negli immunodepressi. Va tenuto presente che le infezioni delle vie aeree possono accompagnarsi sia nei bambini che negli adulti a sintomi asmatici. Questo avviene di solito nei pazienti affetti da asma bronchiale, in cui il quadro infettivo è responsabile di una riacutizzazione dei sintomi. In questi casi, trova indicazione la terapia topica inalatoria con broncodilatatori e corticosteroidi che aiutano a dilatare le vie aeree e ridurre i sintomi. I principali farmaci che vengono somministrati in terapia aerosolica sono broncodilatatori e corticosteroidi. Questo tipo di terapia consente di ottenere un’azione locale mirata senza coinvolgere l’organismo a livello sistemico, e va protratta per 7-15 giorni.

Ci sono categorie più esposte al rischio di polmoniti? Come ci si può proteggere?

Il contagio per i virus respiratori è in genere interumano. I bambini più a rischio di sviluppare infezioni respiratorie delle basse vie aeree sono quelli che frequentano ambienti dove è maggiore il rischio di essere contagiati, in particolare durante la stagione di massima circolazione dei patogeni (autunno-inverno). Si tratta dei bambini che frequentano comunità affollate e che sono stati vicini a persone ammalate o portatori di germi. L’esposizione ad inquinamento ambientale (abitazione in prossimità di poli industriali, strade trafficate ed esposizione al fumo di sigaretta) ha anch’esso un effetto favorente. Vi sono poi soggetti a rischio per una scarsa igiene personale propria o di coloro che li accudiscono. Sono a rischio anche coloro che soffrono di malattie croniche e malformazioni cardiovascolari, respiratorie (come l’asma) e difetti immunologici. I metodi di prevenzione per evitare episodi di polmonite si basano sulle campagne di vaccinazione dell’infanzia e stagionali, con vaccini antivirali per l’influenza e il Covid-19, e verso lo pneumococco e l’Hemophilus influenzae. Un corretto stile di vita con una buona alimentazione e una regolare attività fisica e un’adeguata convalescenza dopo ogni episodio infettivo sono di aiuto. I comportamenti individuali per limitare la diffusione dell’infezione polmonare consistono nell’igiene continua delle mani, particolarmente quando ci si imbatte in qualcuno raffreddato o con infezione respiratoria, nell’utilizzo delle mascherine soprattutto nei luoghi chiusi e affollati, nel fare starnuti in un fazzoletto di carta che poi è buttato, nell’evitare il contatto con materiale contaminato da una persona infetta o con il fumo di sigaretta attivo, passivo e che rimane nell’ambiente dove si è fumato.